La BMW posticiperà l'uscita della nuova generazione della Mini per via della Brexit. Il gruppo di Monaco ha infatti ritardato i piani per lo sviluppo della compatta a causa dell'incertezza sulle relazioni commerciali tra il Regno Unito e l'Ue, che renderanno più difficili le previsioni sugli investimenti a lungo termine. Insomma, fino a quando non vi sarà una maggiore sicurezza sull'esito dei negoziati, la Casa dell'Elica non effettuerà capitalizzazioni su larga scala per l'aggiornamento delle linee produttive britanniche.
Contenimento dei costi. "Per ragioni di costo e per la Brexit", ha spiegato un portavoce della BMW, "il ciclo vita della piattaforma Ukl1 è stata estesa". L'attuale generazione della Mini, sul mercato dal 2014 e basata proprio su tale telaio, resterà dunque in commercio ancora per qualche anno. La scelta rientra nel piano di contenimento dei costi del gruppo bavarese, che punta a risparmiare 12 miliardi di euro entro il 2022. Per raggiungere questo obiettivo, il colosso tedesco ha già dimezzato il numero di combinazioni di motori e trasmissioni della propria gamma, riducendo i costi per lo sviluppo.
Pericolo dazi. Oltre che a Oxford, in Inghilterra, la Mini a tre porte è attualmente prodotta anche nello stabilimento Vdl Nedcar di Born, in Olanda, dove nascono anche la Cabrio, la Countryman e la BMW X1. Nel 2018, l'impianto olandese ha assemblato 211.660 vetture, con un incremento della produzione del 39% rispetto agli anni precedenti. Nello stesso periodo, dalle linee della fabbrica di Oxford sono uscite 234.501 Mini, ma la possibile applicazione di dazi sulle importazioni in Europa potrebbe ridurre notevolmente i margini sui modelli assemblati nel Regno Unito, costringendo la BMW a spostare sempre più la produzione della sua tre porte verso l'Unione Europea.